Una tappa dal chilometraggio non eccessivo, ma di importante dislivello, ci conduce nel cuore dei Sibillini. La cresta (e possibilmente la cima!) del Monte Vettore (2.476 m, quarta vetta dell'Appennino per altezza) e la visione del magico Lago di Pilato sono le chicche di questa magnifica giornata, una delle più belle di tutto l'Appennino centrale.
La tratta fino a Forca Canapine rappresenta una variante al Sentiero Italia (che costeggia il lato occidentale del Pian Grande), preferita per l'interesse paesaggistico del gruppo del Vettore.
La tappa è relativamente corta, ma il dislivello è impegnativo: da non sottovalutare, specie considerando la totale assenza di ombra.
Nell'ultimo tratto di cresta dopo Punta di Prato Pulito, prima di Sella delle Ciaule, il sentiero è quasi inesistente e di difficile individuazione: richiede esperienza e prudenza, il fondo è friabile e si può facilmente scivolare.
Uniche due fontane all'inizio della tappa, poi acqua assente fino all'arrivo.
Partiamo da Castelluccio scendendo (100 m D- circa) verso il confine settentrionale del Pian Grande; quindi, da Fonte Cagnolini, cominciamo la lenta salita verso la Forca Viola (600 m D+ circa), dirigendoci verso Capanna Ghezzi, un rifugio reso inagibile dal sisma: il paesaggio è bucolico, tra greggi di pecore e attenti pastori maremmani. Su sentiero in traverso attraversiamo Le Pianacce e prendiamo lentamente quota, senza strappi; il tracciato è stretto, ma in ottime condizioni.
Giunti a Forca Viola (1.936 m), ammirato il paesaggio sul vallone interno del Vettore, affrontiamo la seconda parte della salita (500 m D+ circa), verso Cima del Redentore. Il sentiero sale deciso ma costante, tenendosi sotto la dorsale, sul versante occidentale. Nei pressi della Cima dell'Osservatorio prendiamo il crestone e raggiungiamo la Cima del Redentore (2.448 m): davanti a noi, al di là del ripido vallone detritico, avvistiamo il Vettore.
Continuiamo in leggero falsopiano a scendere fino al breve strappo che ci conduce alla Cima del Lago (2.422 m), da cui avvistiamo il sottostante Lago di Pilato - o quel che ne rimane, data l'acqua sempre più scarsa. Il tratto a seguire, verso Sella delle Ciaule, è il più complicato: il sentiero, in traverso sul versante meridionale (appena sotto la cresta) è dissestato e di non facile individuazione.
Al valico (2.250 m) si trova il Rifugio Zilioli, ricostruito dopo il sisma: è il punto perfetto per ricaricare le pile in vista dell'ascensione al Vettore (200 m D+ circa), cui si accede con comodo sentiero dalla cresta sud-ovest. Dalla cima (2.476 m, la quarta più alta di tutto l'Appennino dopo Etna, Gran Sasso e Majella) l'occhio vaga lontano, fino ad abbracciare la distesa del Mare Adriatico.
Tornati al bivacco, prendiamo la comoda discesa (700 m D- circa) fino a Forca di Presta (1.534 m), dove incrociamo la strada asfaltata; la prendiamo verso sinistra seguendola per circa 2 km fino a giungere al bel Rifugio Mezzi Litri, sede dell'Associazione Monte Vector.
I Monti Sibillini devono il loro nome alla leggenda della Sibilla Appenninica, la cui origine più antica pare sia legata alla dea Cibele, importata a Roma già prima di Cristo e sostituita nel tempo dalla Sibilla, onorata come profetessa. In epoca medievale si definì e consolidò il mito della Sibilla Appenninica, maga e incantatrice, regina di un mondo sotterraneo al quale si poteva accedere da una grotta sulla cima, per l’appunto, del Monte Sibilla (la forma della corona rocciosa sulla vetta del quale ricorderebbe un polos, sorta di copricapo che adorna la testa della dea Cibele nelle icone tradizionali).
Due opere letterarie del 1400 riportarono per iscritto le voci e i racconti delle tradizioni orali locali, definendo la figura della Sibilla e del suo mondo: Il Paradiso della Regina Sibilla (Antoine de La Sale, 1420) e Il Guerrin Meschino (Antonio da Barberino, pubblicato postumo nel 1473).
De La Sale racconta di varie spedizioni all’interno della grotta, compiute dagli abitanti del luogo e da un cavaliere tedesco. Superata la prima sala e percorsi stretti e ripidi cunicoli, in un cammino a dir poco avventuroso, il cavaliere giungeva nel regno della Sibilla, accolto e ammaliato da una moltitudine di damigelle fastosamente vestite e circondate da fantasmagoriche meraviglie, rischiando di rimanere per sempre in quel regno sotterraneo e demoniaco.
Anche il Guerrin Meschino riesce a raggiungere il Regno della Sibilla e la descrizione che ne dà è simile a quella dei racconti popolari a cui si è ispirato de La Sale.
Dal Medioevo fino al secolo scorso molti si sono avventurati sul monte Sibilla cercando di trovare nella grotta l’accesso al mondo sotterraneo. Purtroppo, forse anche a causa di maldestri tentativi, verso la metà del 1900 il vestibolo della grotta è crollato definitivamente, consegnando al mistero i segreti della Sibilla Appenninica.
La Sibilla rappresenta appieno la doppia faccia della natura di questi luoghi. Da una parte benevola, ammaliante, dispensatrice di consigli; dall'altra perfida, distruttrice e vendicativa - i numerosi eventi sismici che si sono succeduti nei secoli sono stati tradotti anche secondo questo mito: sotto la cima del Vettore, verso la vallata del Tronto, le fate della Sibilla scendevano nei paesi vicini per poter ballare (la tradizione vuole che il Saltarello marchigiano sia nato in questo modo), ma una notte un paesano alzò la gonna di una di loro, svelando le zampe caprine; derise dalla popolazione, le fate fuggirono rifugiandosi nella grotta; la Sibilla infuriata si vendicò provocando un tremendo terremoto che fece crollare parte del Monte Vettore e generando una frana che distrusse il paese di Colfiorito.
I Monti Sibillini sono da sempre luogo di culti misterici che hanno contemporaneamente attirato avventurieri da tutto il mondo e molte condanne da parte della chiesa e dal clero: qualcuno addirittura sostiene che la Grotta della Sibilla fu fatta saltare in aria perché luogo di culti pagani. I nomi delle cime circostanti, d’altra parte, sembrano essere stati scelti per contrastare questo influsso pagano: Cima del Redentore, Monte Priora, Monte dei Tre Vescovi.
Sotto la cima del monte Vettore, tra pareti impervie e verticali, c'è il Lago di Pilato, uno specchio d’acqua di origine glaciale di tipo alpino (uno dei pochi nell’Appennino), habitat di un rarissimo e piccolissimo crostaceo rosso (lungo 1 cm circa) che nuota col ventre rivolto verso l’alto: il Chirocefalo di Marchesoni.
In estate, periodo di maggiore presenza d'acqua, gli invasi comunicanti e complementari del lago assumono la forma degli occhiali e per questo viene chiamato "il lago con gli occhiali”.
Purtroppo, a causa dei cambiamenti climatici, il livello dell’acqua sta diminuendo e anche i recenti eventi sismici pare abbiano contribuito all’aumento della velocità di infiltrazione dell’acqua del lago nel sottosuolo.
Il lago deve il suo nome alla leggenda secondo cui il corpo di Ponzio Pilato, giustiziato per non avere impedito la crocifissione di Gesù, fu trasportato su un carro trainato da bufali fino ai Monti Sibillini e gettato infine nel lago dalla Cima del Redentore.
Il Lago di Pilato nei secoli è stato luogo di ritrovo per molti negromanti che lo raggiungevano per celebrare i loro riti. Tale era l'afflusso che le autorità politiche e religiose nel XIII secolo ne proibirono l’accesso e per molto tempo non fu permesso visitarlo, se non grazie a un salvacondotto.
Il mistrà è un distillato all'anice famoso nelle provincie di Macerata, Fermo e Ascoli. Bevanda da fine pasto, si usa anche per correggere il caffè: ricorda l'ouzo greco e pare che la sua produzione in queste zone sia iniziata nel periodo di dominazione turca dell'Adriatico
Rifugio Mezzi Litri, a circa 2 km a est di Forca di Presta, lungo la strada asfaltata. Tel. 338 924 9589
Rifugio degli Alpini, poco a sud di Forca di Presta. Tel. 347 087 5331
Punto di partenza raggiungibile in macchina.
Punto di partenza raggiungibile in bus da giugno ad agosto (incluso), ogni giovedì e sabato feriali, partendo dalla cittadina di Norcia.
Qui il LINK per controllare gli orari.
Punto di partenza NON raggiungibile in treno.
Disponibile in tutte le librerie, il libro propone 25 itinerari dal Sentiero Italia, dalle Valli del Natisone fino alla Barbagia, di varia lunghezza e difficoltà, per chi vuole partire alla scoperta del trekking più lungo del mondo.
Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!