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La mia Itaca

Foto e Testo di Arianna Liconti


Quando Sara mi ha proposto di raccontare la Calabria e l’esperienza di cammino fatta insieme la scorsa estate lungo il Sentiero Italia, ho pensato:
“Facile, basterà mettere insieme tutte le lettere d’amore che ho scritto sulla mia bella Calabria in questi anni”.

Cosí ho ripreso vecchi post su instagram (che ormai, è un po’ un diario), poesie scritte in aeroporto, appunti sulle note del telefono e sfoghi di frustrazione sui miei quaderni. Ma il lavoro si è rivelato più difficile del previsto, perché la Calabria, come la racconti a chi non è di questa terra?

Se ognuno di noi ha un posto nel mondo che quando la vita si fa più tosta, chiude gli occhi ed è lí, Scilla è il mio. E se ogni Ulisse ha la sua Itaca, la mia Itaca è sicuramente la Calabria.

Fotoricordo di un gruppo conosciuto in cammino (Qui nella scuola del cinema di Marzi)

Facciamo allora un passetto indietro. Sono nata e cresciuta nell’ultima città a sud della penisola, Reggio Calabria, guardando lo Stretto di Messina dal terrazzo di casa, dalle finestre di scuola, e da tutte le strade saliscendi del centro storico. Da casa mia, la Sicilia la tocchi con un dito. Le estati le passavamo in famiglia (quindi, tra parenti e cugini, non eravamo meno di 15 a pranzo ogni giorno) a Scilla, un piccolo paesino di pescatori all’imboccatura occidentale dello stretto. Le scarpe le toglievamo a giugno e le mettevamo a settembre, la colazione era pane caldo del forno a legna con olio, sale e origano, ed il nostro parco giochi era il mare (contando a fine estate le cicatrici della stagione - con coppa annessa ndr). 

Se ognuno di noi ha un posto nel mondo che quando la vita si fa più tosta, chiude gli occhi ed è lí, Scilla è il mio. E se ogni Ulisse ha la sua Itaca, la mia Itaca è sicuramente la Calabria.

Gli scogli di Punta Pací, dove sono cresciuta, fotografati dal mio amico @pietroienca. Conosco queste pietre come le mie tasche, ed hanno anche dei nomi: qui si vede El Diablo (dove mio papà si incrinò due vertebre), ed il prendisole.

Credo sia proprio tra questi scogli, tra il mito di Scilla e Cariddi ed una bavosa, che è iniziata la mia passione per il mare. Ho cominciato ad esplorare l’incredibile biodiversità dello Stretto di Messina e a comprendere come il mar Tirreno si riversi nel mar Ionio - e viceversa - due volte al giorno, creando le correnti che hanno ispirato i miti dell’Iliade e dell’Odissea, e che danno vita ad un ambiente marino unico, produttivo ed estremamente importante per il motore di tutto il Mediterraneo. La Calabria però, me la sentivo da adolescente un po’ stretta intorno ai sogni, forse anche un po’ costretta sotto un peso di indifferenza: cosí, con il desiderio di tornare a proteggere il mio caro Stretto di Messina, dopo il liceo sono partita per il Regno Unito a studiare ecologia marina. Per i cinque anni di studio successivi in cui ho fatto base tra il Galles e la Cornovaglia, ho colto ogni occasione per parlare di casa mia, raccontarla, ma anche studiarla, tornare a lavorarci e portarci iniziative.

Credo sia proprio tra questi scogli, tra il mito di Scilla e Cariddi ed una bavosa, che è iniziata la mia passione per il mare.

Oggi in Italia sono tornata in pianta stabile a lavorare per il Mar Mediterraneo. La mia tana per ora è Genova, che trovo essere una buona palestra per il sud (una Reggio del nord un po’ più piovosa), in attesa di, chissà, tornare davvero in Calabria. Per ora, ogni occasione è buona per scendere.

Occasione come quella di camminare la vena di monti che attraversa casa mia, e di farlo con un gruppo di fuoriclasse come Va Sentiero, forse gli unici dalla sensibilità cosí attenta e delicata, da potere capire e raccontare la mia regione. Avevo camminato spesso nei parchi Nazionali dell’Aspromonte e della Sila con gli scout, ma mai nel Pollino. Cosí, con una promessa a Sara ed Andrea (con cui ci si scriveva e mandava audio su Instagram) di camminare con loro nella mia terra, li ho raggiunti nell’estate del 2021 sul Sentiero Italia, tra Mormanno e Rogliano Calabro.

Il team di Va’ Sentiero ed i “Walk with Us” immersi nelle faggete nei pressi dei Laghetti di Pragli, Cosenza, dove le guide locali ci hanno accolto
con cestini di frutta e storie sull’importanza commerciale di questo luogo durante l’impero Romano. (Foto di Sara Furlanetto)

In 120 km ho trovato una Calabria che non conoscevo, scoprendo il Parco del Pollino tra rocce dolomitiche e paesaggi tra i più aridi ed i più rigogliosi, storie antiche nascoste tra le faggete verdi brillante, accoglienze speciali e generose (tantissimi fichi), e paesini lentissimi dove dorme ancora la cultura autentica di una terra aspra ed in fondo gentile. Più che storie di restanza, ho scoperto storie e luoghi di ritornanza. Ho conosciuto giovani professionisti che dopo un percorso di formazione, esperienze e vita fuori casa, sono tornati per credere ed investire di nuovo in Calabria, contro un sistema accartocciato, immobile ed una terra trascurata e diciamocelo, veramente difficile. Mi ci sono rivista nelle parole che usavano per descriverla, contrastanti e un po’ romanzate, simili a quelle che uso nelle mie infinite lettere d’amore di quando torno e poi riparto. Perché siamo figli di una terra di contraddizioni, che ami e odi alla follia, che ti fa innamorare ed arrabbiare come poche, come una bella donna da un forte carattere.

Camminando in Calabria con Va’ Sentiero, mi sono ricordata la grande responsabilità di far vivere questi posti unici (ai locali e non), di proteggere questi posti unici (da illegalità ed immobilità), di far conoscere la vita unica di questo mare -perché forse qui, ci può salvare solo la bellezza. 

La Calabria è una terra dove passi da scorci mozzafiato con vista totale sul Mar Mediterraneo, ai ciclamini viola tra i pini loricati centenari ed i paesini-presepe arroccati tra le rocce, da strade in curva ricoperte di rifiuti a boschi bruciati da una illegalità silenziosa e straziante, e paesini ormai costretti ad essere fantasmi. La Calabria, in fondo, è come una grande famiglia al pranzo di Natale, dove ridi e giri gli occhi alla battuta dello zio. 

Pausette e banchetti della mia Calabria

Camminando in Calabria con Va’ Sentiero, ad ogni sentiero si univano a noi nuovi gruppi di giovani che rivendicavano il loro territorio attraverso passioni come l’arrampicata o l’agricoltura, l’enogastronomia o l’escursionismo. Ad ogni paesino ci aspettavano famiglie, istituzioni e realtà locali con tavolate piene di cibo, sorrisi grandi segnati dal sole e tante storie di difficoltà e perseveranza da raccontare. E sottolineo “tanto cibo”, perché forse la mia regione è famosa per il peperoncino e le porzioni abbondanti, ma che altro non sono che la dimostrazione di una terra povera, dove quello che c’era a tavola si condivideva sempre con tutti e niente veniva buttato, ma conservato, anche grazie al peperoncino.

Camminando tra uno scorcio dello Jonio, ed un fico rubato dagli alberi, ho trovato una prospettiva nuova per indirizzare i miei progetti blu, grazie all’incontro con giovani professionisti eccezionali che ho scoperto lentamente, passo passo, con una forza ed una condivisione senza precedenti. Gli zaini di Va’ Sentiero avvicinano simili, uniscono realtà e lasciano tracce di speranza. Perché se già camminare tutte le terre alte Italiane è un'impresa eroica, in Calabria lo è ancora di più, per le sue strade poco battute, il suo territorio aspro ed un po’ trasandato, ma soprattutto per i suoi contrasti mal raccontati.

Camminando in Calabria con Va’ Sentiero, mi sono ricordata la grande responsabilità di far vivere questi posti unici (ai locali e non), di proteggere questi posti unici (da illegalità ed immobilità), di far conoscere la vita unica di questo mare -perché forse qui, ci può salvare solo la bellezza. Perché quando arrivo a casa in Calabria tutto riprende prospettiva: faccio i conti con l’acqua limpida, il cibo buono, i colori saturi, la realtà di un’Italia lontana da quella del nord e ritrovo la mia “ragione per cui” (o “reason why”, che in inglese suona meglio).

Pausette sotto i faggi sul Sentiero Italia in Calabria.

Quindi, Calabria mia bella, non credo che riuscirò mai a spiegarti, o a raccogliere tutte le lettere d’amore che ti ho scritto; ma se dovessi davvero ricevere tutto l’amore che noi figli tuoi proviamo per te, lo stupore dello straniero che ti mangia, cammina e nuota, forse staresti un pò meglio. Forse esplorare la natura dietro casa, ri-avvicinarci al senso di appartenenza per le coste viola, i boschi brillanti e i paesini di pietra, potrebbe salvare noi e te. Intanto, continuerò a provare a raccontarti, a lavorare per proteggere il tuo mare, e a farti scoprire nella tua veste autentica e gentile.

A Genova c’è un altro sole, si, ma in Calabria c’è un'altra vita: la mia itaca.

Forse un giorno (o sicuro, un pò più in là), tra le mille cose che ho da fare, troverò il tempo di tornare (cit).