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Tappa

349

Rifugio Sa Oche > Dorgali

Lunghezza
26
Km
Difficoltà*
E
Dislivello*
+
1231
m
-
925
m
*Cosa vuol dire?

Il simbolo + indica il dislivello positivo (cioè in salita) complessivo della tappa; il simbolo - quello negativo (cioè in discesa).

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Punto di partenza
Punto d'arrivo
Punto acqua
Struttura ricettiva
Punto interesse

Pur nella sua notevole lunghezza e faticosità, questa tappa offre scenari magnifici: dal villaggio nuragico di Tiscali, costruito all'interno di una grotta collassata, alla vista sulle pareti verticali del Monte Oddeu (1.063 m).

Note particolari

Tappa da evitare nei mesi centrali estivi.

La tappa, pur priva di difficoltà particolari, è molto lunga e adatta ai più allenati; è bene in ogni caso partire molto presto.

Punti acqua presenti solo a metà tappa (poco prima dell'intersezione con la statale).

Bellezza
periodo
Marzo - Novembre
PERCORRIBILITà
INTERESSE
RAGGIUNGIBILITà
PERCORSO

Lasciamo il rifugio Sa Oche e proseguiamo su strada carrozzabile, in piano, fino a che la stessa non inizia a salire (300 m D+ ca.) verso il Monte Tiscali. Passiamo quindi su ampio sentiero e la pendenza aumenta; giunti ad un incrocio, teniamo la sinistra e ci infiliamo in una stretta feritoia tra le rocce rosse, dopo la quale proseguiamo in traverso con splendido panorama aereo sulla valle di Lanaitto. In breve giungiamo alle porte del villaggio nuragico di Tiscali, costruito all'interno di una grande grotta collassata, che merita decisamente una visita (occorre pagare il biglietto, ma ne vale la pena!).

Terminata la visita, torniamo al sentiero e affrontiamo la ripida discesa (150 m D- ca.) verso la valle Surtana, che attraversiamo poi su bellissimo sentiero pianeggiante, immersi nel bosco fittissimo e ombreggiato; quindi attacchiamo una scala di gradoni di pietra che in breve ci fa scendere (100 m D- ca.) al fondovalle. Giunti alla strada sterrata, la prendiamo verso destra e proseguiamo per qualche km, fino a staccarcene per scendere, su buon sentiero, al torrente Fiumineddu; guadato il fiumiciattolo, riprendiamo il sentiero e cominciamo la lunga salita verso la strada statale (500 m D+ ca.). La prima parte di salita è decisa ma costante, su buona traccia; alle nostre spalle, ammiriamo la bellissima parete orientale del Monte Oddeu (1.063 m). Quindi passiamo su sterrata e la pendenza ci da tregua, per poi affrontare l'ultimo strappo per ampi tornanti (in questo tratto troviamo le uniche due fontane della tappa).

Arrivati sulla statale, la percorriamo verso sinistra per qualche centinaio di metri, quindi prendiamola mulattiera sulla destra e affrontiamo l'ultima vera salita del giorno (150 m D+ ca.), risalendo il costone roccioso; proseguiamo spediti per diversi km verso nord su traccia molto chiara, anche se talvolta un po' scomoda per il fondo di sassi, godendo spesso di buona ombra, con qualche saliscendi (mai impegnativo). Giunti all'altezza del Monte Tuluri (riconoscibile per via della grossa antenna posta in cima), ne traversiamo il versante occidentale e andiamo progressivamente perdendo quota (200 m D- ca.) fino a guadagnare una grossa sella, dove troviamo una croce metallica e alcune baracche; seguendo la mulattiera, andiamo a prendere la scala de omines, che ci fa scendere rapidamente (200 m D- ca.) fino a intercettare il buon sentiero ciottolato col quale raggiungiamo il bordo meridionale di Dorgali: poco dopo siamo nel bel centro cittadino.

COSA SAPERE

All’interno del comune di Dorgali, a Cala Luna, è stato girato gran parte del film di Lina Wertmuller Travolti da un'insolito destino nell'azzurro mare d'agosto. La vicenda narra del naufragio su un'isola deserta di un marinaio (Giancarlo Giannini) e della padrona dello yacht (Mariangela Melato) per cui il primo lavora. Lontani dalla civiltà, ritornati a uno stato di natura, tra il proletario comunista e la donna borghese si rovesciano i rapporti di forza, prima che sbocci una storia passionale nell’accecante luce estiva. Un film cult del cinema italiano.

Nell'hotel Il Querceto le foto in bianco e nero della regista, di Giancarlo Giannini e di Mariangela Melato ricordano quella gemma cinematografica.

Dorgali si trova all'interno della zona franca di Girifai, posta al di fuori del sistema dei giudicati, che godeva di una particolare libertà amministrativa e tributaria. La regione (che comprendeva gli attuali comuni di Girai, Dorgali e Galtellì) era legata ai monasteri di Santa Maria di Geltrude, di San Giovanni "Su Lillu" e di Monte Ortobene di Nuoro, per impedire il ritorno in Sardegna dell'influenza religiosa bizantina.

Nei monasteri si svolgevano numerosi traffici mercantili provenienti dal vicino porto di San Giovanni Porto Nonu (Cala Gonone). Nei secoli la zona Franca di Girifai prosperò e assunse un rilevante ruolo politico commerciale, limitato ma non distrutto durante il dominio pisano.

A Dorgali si produce la leppa dorgalese, un tipico coltello sardo dal manico prodotto con corna di muflone.

Sa leppa in sardo indica l'arma bianca che da sempre i pastori portano appesa alla cintola. Si tratta quasi di una sciabola con la parte apicale ricurva: può arrivare ad essere lunga anche mezzo metro. Della vecchia versione rimangono modelli più piccoli, un artigianato che si è tramandato nei secoli. Pregiate sono le incisioni sul manico.

COSA VEDERE

Nel cuore del Supramonte sorge uno dei canyon più profondi d'Europa: le Gole di Gorropu.

Si tratta di una profonda voragine lunga 1,5 km, che divide la Barbagia dall'Ogliastra. Un monumento naturale, modellato dal rio Flumineddu, meta di numerosi appassionati di trekking. Le pareti delle gole arrivano fino a 500 metri d'altezza e si stringono fino a quattro metri di larghezza, facendone così il canyon più profondo d'Italia. Numerose sono le specie vegetali e animali rare presenti, in particolare l’aquilegia di Gorropu e l'euprotto sardo - l'anfibio più raro d'Europa.

All'interno di una dolina si trova il villaggio nuragico di Tiscali, un insediamento posto sulla sommità del Monte Tiscali (518 metri). Dentro una concavità del monte dal tetto scoperto si trovano i resti di quello che è tra i più affascinanti ritrovamenti nuragici: affollamenti a parte, la visita toglie il fiato.

Gli studiosi ritengono questo sia stato l'ultimo baluardo contro l'avanzata romana, e che la frase di Cicerone nei confronti degli Ilienses, "sbucano da sotto terra come formiche", sia da far risalire proprio a questo insediamento. Numerose sono le abitazioni trovate, di forma quadrata-rettangolare, che indicano la tarda età nuragica.

L'insediamento fu scoperto da Ettore Pais nel 1910, ma venne descritto e fotografato soltanto nel 1927 da Antonio Taramelli. Nel corso dei secoli il sito è stato danneggiato da numerosi saccheggi. Dal 1995 l'area è sottoposta a controllo e può essere visitata previo pagamento di un biglietto.

Per maggiori info su orari e biglietti, si veda il seguente LINK.

A Ispinigoli è presente una delle grotte più belle del Supramonte, la grotta di Ispinigoli.

La sua sala principale, larga 80 metri, è arricchita da una colonna calcarea alta ben 38 metri. Aperta al pubblico negli anni '70, è ricca di stalagmiti a formazione ondulata che creano un paesaggio sotterraneo unico. All'interno della grotta è presente un'area visitabile solo da speleologi esperti, l’Abisso delle Vergini, un canale che si sviluppa per ben 12 chilometri fino a raggiungere una profondità di 60 metri sotto il livello del mare.

All'interno della grotta sono stati ritrovati manufatti di tutte le civiltà che hanno abitato l'Isola.

Nel comune di Dorgali si trova la Tomba dei Giganti di Sa Ena 'e Thomes, un monumento funebre di epoca nuragica collegato al culto della Dea Madre e del dio Toro.

L'ampia esedra, che ricorda le corna dell'animale, era il luogo dove venivano svolti i riti funebri. A caratterizzare questa Tomba dei Giganti è l'enorme stele (alta quasi 4 metri) che sovrasta il cunicolo dove venivano depositati i cadaveri. La sua costruzione viene datata nel periodo del Bronzo Antico (1600-1800 a.C.) e si differenzia dalle altre per non essere orientata in direzione sud-est, ma a sud.

COSA MaNGIARE

Il dolce più rappresentativo della cucina sarda è la seada, che in lingua sarda viene chiamata anche sebada, sevada o sevata.

Tre sono le interpretazioni principali riguardo l'origine del nome: dallo spagnolo cebar, cibarsi; dalla cebada, cereale noto nell'antica Roma; oppure, secondo il Dizionario Etimologico Sardo, dal termine sebu che indica il grasso animale - lo strutto in questo caso.

Si tratta di un raviolone di sfoglia di pasta di semola, a forma di sole, ripieno di formaggio fresco (latte ovino), che viene fritto e poi condito con del miele. Un tempo era un vero e proprio piatto e non veniva considerato come un dolce.

La seada deve essere consumata appena cotta per mantenere la caratteristica del formaggio fuso - si consiglia di assaggiarla accompagnata con un vino bianco dell'isola.  Una vera delizia che non può mancare a fine pasto.

DOVE DORMIRE

Hotel Il Querceto, a Dorgali. Tel. 0784 96509

A Dorgali sono presenti numerose strutture ricettive.

COME ARRIVARE

Punto di partenza raggiungibile in macchina.

Punto di partenza NON raggiungibile in bus.

La località raggiungibile con il bus più vicina è Località Suvegilu, partendo dalla città di Nuoro.

Qui il LINK per controllare gli orari.

Punto di partenza NON raggiungibile in treno.

“Nonostante la tappa sia ancora molto lunga, non possiamo fare a meno di sostare a lungo nel villaggio scavato nel ventre del Tiscali”

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Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!

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