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Fare impresa in Val Varaita

Testo di Francesco Sabatini

Foto di Sara Furlanetto              

Nel nostro cammino piemontese, dalle pendici del Monviso siamo scesi a Pontechianale attraverso il bosco dell'Alevè, con esemplari ultracentenari di pino cembro, entrando così in Val Varaita. Storicamente questa valle ha fatto parte della Repubblica degli Escartons, insieme di territori montani del dipartimento francese delle Alte Alpi che hanno goduto di uno statuto fiscale e politico privilegiato dal 1343 al 1789.  Gli Escartons sono stati un caso peculiare nella realtà europea di quei secoli: 9 su 10 degli abitanti sapevano leggere, scrivere e far di conto, contrastando nettamente lo stereotipo che voleva le comunità di montagna chiuse e impermeabili alla cultura (gli antropologi chiamano paradosso alpino proprio il fenomeno per cui, tra il Trecento e il Settecento, nell’area montana tra Francia e Italia, il livello di alfabetizzazione era di gran lunga più alto rispetto alla pianura).          

                                                                                           

Oggi nella Val Varaita le imprese Valverbe e Antagonisti si dimostrano degne eredi dei protagonisti di questo paradosso storico, realizzando prodotti di qualità che uniscono tradizione e innovazioni tecnologiche, facendo della montagna il luogo in cui sviluppare e valorizzare la propria identità.

La natura in montagna è una vera e propria miniera a cielo aperto, ricca di piante con cui preparare piatti, bevande e infusi e la cui conoscenza si è tramandata di generazione in generazione. Anche noi, durante il cammino, abbiamo raccolto gli asparagi selvatici, le silene vulgaris con cui fare  ottime frittate, il timo serpillo che riempie di profumo i sentieri e dal quale si ricava uno squisito liquore, la rosa canina con cui preparare ottime marmellate e poi mirtilli, more, lamponi, ribes, spinaci selvatici e tanti altri frutti ed erbe preziose, molte delle quali ci erano sconosciute.

In Val d'Ossola abbiamo trovato lamponi a volontà

Radici, foglie e fiori sono ricchissimi di proprietà e la montagna è un’erboristeria all’aperto incredibilmente ben fornita! L’urbanizzazione e lo sviluppo massiccio del turismo invernale degli anni ‘60, insieme agli innegabili vantaggi, hanno significato anche la perdita della stretta interazione tra uomo e ambiente naturale, rendendo superfluo il sapere  accumulato nei secoli.

Da oltre vent’anni Valverbe lavora al recupero di questo sapere, con un’impresa che dà lavoro a più di venti persone. Tutto è cominciato nell’85, quando i genitori di Luca Fasano, oggi responsabile dell’azienda, hanno cominciato a raccogliere e coltivare erbe di montagna, dapprima rivendendole a terzi, poi concentrandosi nella produzione di tisane biologiche vendute in Italia e all’estero, realizzando una filiera dal seme alla bustina filtro, in grado di valorizzare tutta la valle.

Luca Fasano e Cristian Grasso ci hanno guidato nella visita all'azienda Valverbe

Alla coltivazione di piante medicinali, che va dal seme al prodotto finito, si affianca la raccolta nei boschi di piante spontanee, come le bacche di sambuco, la rodiola, la spirea, le ortiche. La coltivazione e la raccolta delle erbe, così come la capacità di riconoscerle e utilizzarle, rientrano in un settore estremamente affascinante. “Ci sono erbe buone e altre che possono far male fino ad uccidere. Alcune, se miscelate, possono far dormire oppure facilitare il drenaggio dei liquidi in eccesso, ridurre le infiammazioni, finanche a far passare il mal di gola” ci spiega Luca. Ognuna delle erbe che vengono essiccate ha delle proprietà importanti, per questo vanno assunte nel giusto modo. “Anche le tisane, come tutte le cose preziose, hanno bisogno di un processo lento per essere efficaci” aggiunge Luca, e la nostra esperienza ha verificato quanto, dopo una lunga giornata di cammino, la tisana giusta sia un efficace aiuto per riprendersi dalle fatiche! Per i non esperti è facile confondere piante simili o non conoscere l'utilizzo esatto delle bacche (alcune ad esempio diventano commestibili solo se trattate in un certo modo) e quindi è importante farsi guidare e imparare da chi conosce a fondo la montagna e i suoi doni.

Ad accompagnare fin dall’inizio l’avventura di Valverbe c’è anche Mohamed,  di origine marocchina. Dopo aver imparato le tecniche per la coltivazione, si è appassionato alla raccolta delle erbe spontanee (iperico, biancospino, ortiche, spirea, imperatoria, uva risona e molte altre) e, in particolare, alla rodiola rosea, di cui si utilizzano le radici (pianta di origine siberiana il cui profumo ricorda quello della rosa,  spontanea in tutto l’arco alpino: la raccolta è estremamente faticosa perché cresce sopra i duemila metri, sulle pareti rocciose esposte a nord; il suo principio attivo disciolto nell’acqua permette al corpo di combattere lo stress). Dopo vent’anni di lavoro, Mohamed conosce benissimo ogni luogo della valle e la relativa vegetazione e ha appreso i ritmi di crescita delle piante (ad esempio, la rodiola ha bisogno di un periodo che va dai dieci ai quindici anni per riprodursi). Ci vogliono attenzione e cura nella raccolta di queste piante, perché non vadano perdute e sia garantita la loro presenza negli anni a venire. Sfruttare il territorio non significa depredarlo, ma valorizzarlo con un lavoro sapiente e continuo. E’ ciò che fanno in Valverbe, vivendo l'attività come un’esperienza preziosa.

Radice di rodiola rosea

Se il processo di raccolta e coltivazione biologica è delicato, lo è ancor di più il processo di essiccazione attraverso il quale Valverbe riesce a conservare nelle sue tisane biologiche le proprietà  delle piante. Si tratta di un passaggio fondamentale per mantenere le caratteristiche essenziali del prodotto e Luca sottolinea quanto le tisane della sua azienda siano note per la loro efficacia. Grazie all’essiccazione a freddo, a “cellula aperta”, in cui la pianta viene privata dell’acqua grazie a un processo naturale, vengono mantenuti i principi attivi, gli aromi e i profumi peculiari: nella camera di essiccazione è ricreata una situazione di brezza serale che stimola l’apertura degli stomi, la bocca cellulare, con la conseguente fuoriuscita dell’acqua contenuta nei tessuti della pianta. Tale metodo evita l’ossidazione o la fermentazione delle erbe che avviene nell'essiccazione a caldo (un grande phon industriale) che rompe la membrana delle cellule e lascia fuoriuscire i liquidi contenuti. Grazie all’impianto utilizzato da Valverbe, l’acqua cellulare rilasciata naturalmente viene recuperata e riutilizzata nella cosmesi: il liquido mantiene l’energia e la vibrazione della pianta madre.

Valverbe ha fin da subito deciso di intraprendere la coltivazione biologica e di impostare la sua impresa secondo i criteri della sostenibilità ambientale e anche l’utilizzo dell’acqua cellulare non fa che confermare l’intento che dall’inizio ha caratterizzato questa avventura: valorizzare appieno la flora montana.

 

Dopo la visita all’azienda di Valverbe, in compagnia dei ragazzi che frequentano il corso “Talenti per l’Impresa”, della Fondazione CRT, ci siamo spostati nella vicina Melle per goderci le birre e il cibo degli Antagonisti. Il progetto di Fabio ed Enrico nasce dalla volontà di unire la passione per la birra e l’amore per la loro valle d’origine.

La birra artigianale è stato lo strumento attraverso cui Fabio ed Enrico sono tornati a vivere in Val Varaita. Non si tratta di una produzione di birra vera e propria: la produzione delle birre è delegata ai birrifici presenti nelle zone limitrofe in cui gli Antagonisti svolgono il ruolo di mastri birrai. Questo sistema permette la valorizzazione delle birre prodotte attraverso una delle risorse più preziose della montagna: l’acqua. Per ogni tipologia di birra, gli Antagonisti scelgono il birrificio dalle caratteristiche dell’acqua (durezza e pH), determinanti per la valorizzazione dell’aroma delle materie prime.

Fabio ed Enrico ci raccontano la storia degli Antagonisti nel luogo dove tutto è nato

La prima birra è stata la Bulan, una saison, birra belga di cui Fabio ed Enrico si sono innamorati durante un viaggio in Belgio, perfetta da bere nella stagione estiva. Era l’estate del 2012 quando iniziò la loro avventura con l’apertura di un piccolo chioschetto dietro la chiesa di Melle: non avevamo la lavastoviglie, quindi preparavamo dei paninetti, che ci dava un amico fornaio, con i prodotti del territorio. Dopo due meravigliose stagioni all’aperto, i ragazzi hanno deciso di continuare ad alimentare il loro sogno di rivalorizzazione del borgo, acquistando una delle tante case abbandonate di Melle. Con un lavoro da formiche (Ant-agonisti) hanno dato vita ad Officine Antagonisti, un bellissimo locale in cui poter degustare birre (che oggi sono ben sette) e i prodotti locali della Val Varaita.

L’importanza di costruire una rete era vitale, per questo Enrico e Fabio fin da subito hanno cercato con successo di stringere forti legami con i prodotti e i produttori del territorio. Patate, tomino e aiolì non è solo l’antipasto che ci hanno proposto nel cortile dove tutto è nato, ma è diventato un simbolo, un motto, immortalato anche sulle loro magliette, che rappresenta la voglia di ridare valore alla storia dei prodotti di questi luoghi. Giuliana, una dei tanti giovani che fanno parte dell’universo degli Antagonisti, è referente della comunicazione, elemento fondamentale per trasmettere un messaggio che vada al di là del gusto e ci racconta il significato di questo piatto. La salsa aioli racconta del forte legame della Val Varaita con la Provenza, di qui passavano le vie del sale che collegavano la costa francese alla pianura piemontese. Il tomino di Melle è il simbolo della storia del paese che una volta era, con il suo grande mercato, un punto di riferimento per tutta la valle. Nato nella metà dell’Ottocento per produrre qualcosa di diverso dal burro, presente in abbondanza in queste zone, da poco è stato presentato come presidio slow food per tutelare i pochi produttori rimasti. Infine, le patate fanno parte del progetto Cresco realizzato dagli Antagonisti in collaborazione con Yuri Chiotti, chef stellato che ha lasciato la pianura per tornare a fare una ristorazione di montagna nella sua Val Varaita con il ristorante Reis (radici in occitano). Cresco è un progetto agricolo che mira a sradicare la mono cultura e ha come obiettivo la valorizzazione dei piccoli orti privati con lo scopo di preservare la coltura dei preziosi ortaggi locali.

Patate, Tomino di Melle e Aiolì (in due è amore, in tre è una festa)

Gli Antagonisti ci hanno riservato un viaggio dentro il loro mondo attraverso un itinerario gastronomico, tra cui spiccano i tradizionali ravioles fatti di farina e patate e conditi con panna e burro nocciolato, accompagnato dalle birre che hanno fatto la storia del loro progetto: come la Matana, una pilsner prodotta in Val di Susa o la black humor, una birra scura molto secca dai sentori tosti. Per concludere, siamo andati ad assaggiare il gelato di montagna di Fioca, a due passi dal ristorante: è l’ultimo progetto nato sempre dalla collaborazione tra gli Antagonisti e Yuri Chiotti. Il latte arriva fresco direttamente dai pascoli, ma la novità sono i gusti che parlano di questi luoghi, come il sambuco, il pino cembro e il delizioso gelato al fieno.

Oggi come un tempo, la Val Varaita sembra voler scommettere su sé stessa e sulle proprie risorse, insegnando alla “pianura” che è possibile crescere in maniera diversa e in armonia con la natura. Durante il nostro viaggio siamo stati costantemente immersi nel verde e ci si arrovellava il cervello nel trovare e riconoscere fiori o piante. Durante il nostro viaggio, ci siamo anche tante volte trovati davanti all’abbandono di alcuni paesi e continuavamo a cercare anche noi una soluzione possibile per un nuovo ripopolamento. Per fortuna, abbiamo incontrato persone che tengono ancora viva la conoscenza del proprio territorio e la rinnovano ogni giorno attraverso il loro impegno. Queste persone sono state delle guide preziose in un mondo inintelligibile ai profani. Un mondo che oltre ad avere un potenziale di riavvicinamento alla natura, ha anche un potenziale economico che, se sapientemente sfruttato, può garantire benefici per l’uomo, per l’ambiente e per l’anima.

La birra Black Humor ha accompagnato il dolce: pesce ripiene di cioccolato