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Le figlie di Maja

Testo di Francesco Sabatini

Foto di Sara Furlanetto

       In Abruzzo, lungo la costa Adriatica, si scorge un monte separato dalla catena appenninica: è la Majella, l’unico massiccio in Italia con il nome al femminile. Leggenda vuole che Maja, una delle Pleiadi, arrivò sugli altopiani abruzzesi per raccogliere le erbe che servivano per curare le ferite del figlio, ma la troppa neve le impedì la raccolta e suo figlio morì. Ermes morendo andò a formare il Gran Sasso, conosciuto anche come il gigante che dorme. Maja, presa dallo sconforto, si accasciò vicina al suo amato figlio dando vita alla Majella, una donna distesa verso il mare.

Monte Amaro

La cima della Majella, il Monte Amaro, è un luogo fantascientifico; il terreno ghiaioso e l'assenza di vegetazione lo rendono un paesaggio quasi lunare. Ai suoi piedi sorgono due realtà imprenditoriali che, da questi luoghi sperduti nel pieno centro dell’Italia, esportano in tutto il mondo. Attraverso il vino della Cantina Zaccagnini e la pasta di De Cecco, la storia di Maja e di questo territorio straordinario può continuare ad essere raccontata.

       I due massicci, madre e figlio, sono separati dalle Gole di Popoli scavate dal fiume Pescara. Il fiume, attraversando le gole, si immette nella Valle Casauria: una valle in cui è presente un microclima ventilato ideale per la produzione del vino - proprio grazie all’apertura tra i due massicci.

I vitigni di Montepulciano, sullo sfondo le Gole di Popoli

Tra i vigneti di Montepulciano d’Abruzzo della Valle Casauria spicca la cantina Zaccagnini: una struttura innovativa circondata da opere d'arte. L’associazione vino-arte è oggi consuetudine, ma negli anni’80 non erano in molti ad aver intuito la potenzialità di questo abbinamento. Nella cantina di Zaccagnini, l’arte è parte essenziale nella realizzazione di un buon vino, come un buon apparato fogliario lo è nella crescita di un buon grappolo - una sorta di accumulatore di energia. Tra i vitigni e in cantina, le opere di arte contemporanea sorvegliano la nascita di ogni bottiglia.

L’arte contemporanea invase la Valle Casauria negli anni ’70, quando i baroni Durini accolsero l’artista tedesco Joseph Beuys a Bolognano. Il messaggio di Utopia Concreta arrivò come un fulmine a ciel sereno nella mente del giovane Marcello Zaccagnini, che, nel 1978, aveva avviato la produzione di vini. Nella sua cantina, nel 1984, si svolse l’ultima discussione su la Difesa della Natura: un happening in cui Beuys esponeva le sue idee rivoluzionarie - progetto che portò alla piantagione di settemila alberi (tutti di specie diverse) nel comune di Bolognano. Il messaggio a Difesa della Natura aveva come obiettivo lo sviluppo di una nuova sinergia tra uomo e natura: ogni uomo, inteso come una scultura sociale, è un artista in quanto capace di progettare e creare. La difesa della natura come difesa dei valori umani.

Le bottiglie di vino riposano sotto la foto di Beuys che riceve la cittadinanza onoraria di Bolognano

Il Montepulciano d’Abruzzo è il protagonista dei vini di questa valle: un vitigno che a lungo è stato considerato meno nobile dell’omonimo toscano. Un vitigno senza troppi fronzoli, in grado di dare un buon vino novello e allo stesso tempo essere adatto per un lungo periodo d’affinamento - generando grandi vini da meditazione. Il San Clemente, un Montepulciano DOC Terre di Casauria Riserva, prende il nome dalla vicina abbazia ed è prodotto con le uve della collina con la miglior esposizione. La duttilità del Montepulciano d’Abruzzo permette anche la produzione del Cerasuolo d’Abruzzo: un vino rosato divenuto il fiore all’occhiello dei vini abruzzesi. Accanto ai vini rossi e rosati da Zaccagnini si producono il Pecorino e la Passerina, due bianchi dall’importante bouquet aromatico.

Le bottiglie della Cantina Zaccagnini sono impreziosite dalle etichette d’artista, frutto delle numerose iniziative che la cantina continua a proporre: come “Un fiore per Ivan” omaggio al cantautore teramano Ivan Graziani. Ma a contraddistinguere l'azienda, e a rimanere impressa nella memoria di tutti, è il tralcetto di vite legato alla bottiglia. Il tralcetto è un simbolo di continuità tra il lavoro dell’uomo e il suo territorio, tra il vino nel bicchiere e il vitigno. Una continuità tra uomo e natura figlia del messaggio che Beuys lanciò da queste terre al mondo.

Le bottiglie con il famoso tralcetto sopra l'Altare di Dioniso, una delle opere d'arte presenti in cantina

       Dall’altro lato della Majella, a Fara San Martino, l’uomo, in sinergia con la montagna, ha dato vita alla De Cecco. La rinomata azienda, oggi tra i più grandi produttori di pasta al mondo, è nata ai piedi del massiccio e non solo qui continua ad avere la sua anima e la sua storia, ma qui continua a mantenere la sua produzione!

 

Fara San Martino e le sue gole

Dal paese di Fara San Martino si apre la spettacolare Gola di San Martino, il canyon più lungo dell’Appennino, e, poco più giù, inizia a scorrere il fiume Verde. Il fiume Verde è da sempre stato il fulcro delle attività del paese, prima con le gualcherie (dove si cardava la lana), poi con i lanifici, fino ad arrivare ai mulini e ai pastifici che ancora oggi dominano il panorama. De Cecco preleva dalle sorgenti del fiume Verde l’acqua per fare la sua pasta. Le bassissime temperature di quest’acqua richiedono un lungo processo di impastamento, generando così una migliore maglia glutinica che permette una tenuta in cottura ottimale.

Lo storico logo tra gli stabilimenti De Cecco

L’altro elemento fondamentale è la semola, che viene lavorata sempre fresca passando dal mulino direttamente al pastificio. In passato si impastava con i piedi, e il pastaio poteva costantemente controllare  la giusta consistenza. Quella che una volta era l’arte del pastaio, grazie alle conoscenze scientifiche, è stata tradotta in una sapienza produttiva. La semola, mischiata all’acqua fredda del Verde, viene lavorata per ben quaranta minuti prima di essere trafilata in bronzo. La pasta corta viene tagliata ancora fresca, mentre quella lunga viene prima fatta essiccare.

Oltre alle acque del fiume Verde la Majella ha permesso la nascita di un altro elemento fondamentale: il metodo De Cecco. L’altitudine, assieme all’ombra generata dalla montagna, rendeva molto difficoltosa l’essiccazione della pasta. Fortunatamente, l’aria fresca di montagna da sempre aguzza la mente dell’uomo, cosicché nel 1889 Filippo De Cecco brevettò l’innovativo metodo di essiccazione della pasta. La lenta essiccazione è ancora oggi uno dei marchi di fabbrica che permettono alla pasta De Cecco di mantenere alti gli standard di qualità.

Fasi produttive della pasta De Cecco

               Ogni giorno dai piedi della Majella partono pacchi di pasta e bottiglie di vino, e, insieme a loro, la storia di questo territorio. Da una gola all’altra continuano a lavorare due eccellenze produttive italiane, due storie diverse a prova che è possibile fare impresa in montagna. Trovare ai piedi di questa montagna mitica, ancestrale, due realtà imprenditoriali così importanti è stata veramente una grande sorpresa. Figlie della Majella e delle sue origini mitiche, Zaccagnini e De Cecco portano attraverso i loro prodotti la saggezza della montagna abruzzese nel mondo.