Text Link

Valdibella in quattro atti

Testo di Francesco Sabatini

Foto di Sara Furlanetto

La Sicilia è una regione barocca; le sue splendide coste sono la facciata di un entroterra ricco di sorprendenti dettagli. Questa complessità si rispecchia nel carattere riflessivo dei siciliani, in grado di dare vita a straordinarie imprese. Quella di Valdibella è una di queste imprese, uno di quei spettacolari dettagli che mostrano al meglio le possibilità di questa terra.

Valdibella è una cooperativa agricola al servizio degli agricoltori. I suoi prodotti - che vanno dal vino alla pasta, passando per le conserve e il latte di mandorla - sono il frutto di un'agricoltura a misura d'uomo, un filo diretto dal campo al consumatore retto dai protagonisti di un'opera corale, che ha come direttore d'orchestra il presidente della cooperativa Massimiliano Solano.

Vivere una giornata a Camporeale (paese dell'alta Valle del Belice) alla scoperta di Valdibella è stato come assistere a una pièce teatrale in cui ognuno, con la sua voce, ha contribuito a narrare questa storia. Diverse le scenografie in cui i personaggi si sono alternati, in un gioco naturale di racconti e battute.

Atto I: La Cantina e gli inizi dell'avventura

Nino ci accompagna alla scoperta di Valdibella

La cantina è il luogo in cui è nata l'avventura di Valdibella. Nel 1998 i Salesiani di Camporeale decisero di integrare con un'attività lavorativa il percorso formativo dei minori con problematiche sociali che ospitavano in struttura. Qualche anno prima Massimiliano Solano, allora fresco di laurea in agraria, insieme ad alcuni amici aveva dato vita a una cooperativa di agricoltura biologica che cominciava a scardinare il vecchio modello agricolo. Coinvolto nel progetto educativo dal direttore dei Salesiani, Massimiliano intuì si trattasse di una preziosa occasione per mettere in atto le sue idee: “non solo il biologico: c'era bisogno di riportare al centro il ruolo dell'agricoltore, sempre più sotto il giogo dei dettami del mercato della grande distribuzione”. E così nacque l'idea di creare una cantina.

A raccontarci la genesi di Valdibella è stata Caterina Lo Bocchiaro, capello corto e grande sorriso, assistente sociale divenuta addetta commerciale per l'estero e vero braccio armato delle idee della cooperativa. Mentre ci spostavamo dalla casa gialla, che un tempo ospitava i ragazzi dei salesiani, verso la cantina, il primo dei due stabilimenti di Valdibella, domando a Caterina “perché proprio una cantina?”. “Perché Camporeale è stato sempre un territorio particolarmente votato alla viticoltura, quindi si è scelto di lavorare con le varietà tipiche del nostro territorio creando qualcosa di nuovo”, spiega Caterina. Interviene Massimiliano, che nel frattempo è arrivato dal lavoro nei campi, e aggiunge che i tanti agricoltori locali che producevano uva da vino erano costretti a vendere a strutture esterne che non valorizzavano il prodotto finito - tematica cardine per il futuro della cooperativa.

A farci da Cicerone tra i silos e le botti della cantina c'è Nino Vilardi, enologo che dopo gli studi in Piemonte ha girato le cantine del mondo fino a tornare alla sua amata terra. Nino ci racconta che quella della cantina rimane l'attività più corposa di Valdibella ancora oggi. I numeri sono quelli di una grande azienda: centoventimila bottiglie, più un quantitativo uguale in bag in box - importante per sopperire alle grandi quantità di uve prodotte.

Il Memorii e le altre etichette Valdibella

Un processo di vinificazione che si va affinando anno dopo anno, ci spiega Nino con dovizia di dettagli tecnici, ormai alla sua sesta vendemmia in Valdibella. La cantina ha seguito le orme del lavoro nei campi verso il biologico. Negli anni è stato fatto un ulteriore processo di trasformazione verso una vinificazione sempre meno artificiale con l'introduzione della fermentazione naturale, la diminuzione dell'uso solforosa e la presenza di etichette senza solfiti – come Respiro, il primo vino ad avere questa caratteristica.

Le numerose etichette di Valdibella permettono di immergersi nelle diverse varietà dei vitigni presenti nel panorama vitivinicolo locale: Cataratto, Grillo e Zibibbo per i bianchi; per i rossi, Nero d'Avola, Perricone (con cui si fa un ottimo rosato) e Nerello Mascalese – vitigno noto nella zona dell'Etna, che qui acquista caratteristiche molto differenti.

A colpirmi particolarmente è il Memorii, vino perpetuo tipico della tradizione enologica siciliana, che viene realizzato attraverso il rabbocco del vino nuovo sempre nella stessa botte – Catarratto Extra Lucido e Grillo, in questo caso. Un processo che vede una continua trasformazione e ringiovanimento del vino nella botte. “Un vino che si maderizza, si imbrunisce, si scurisce sempre di più per via dell'ossidazione nel tempo. Ti racconta una storia che un vino giovane non ti potrà mai raccontare”, ci spiega Nino. Si tratta di una tradizione legata al mondo contadino siculo, dove la botte per il consumo casalingo veniva rabboccata di anno in anno. Il vino in perpetuum è considerato anche uno dei padri del Marsala - vino liquoroso del trapanese. Quando alla fine del Settecento i mercanti inglesi arrivarono in Sicilia, trovarono in questo vino molte affinità con i vini portoghesi e spagnoli allora in voga in Inghilterra. Per trasportarlo in patria veniva aggiunta acquavite, per garantire una maggiore conservazione durante il trasporto nelle umide navi dirette in Inghilterra. Questo escamotage diede vita al vino fortificato (o vino liquoroso) Marsala, divenuto uno dei più celebri prodotti siciliani.

Atto II: Viaggio verso la Montagnola e i princìpi di Valdibella

Massimiliano Solano e Antonio Accardo

Accompagnati da Massimiliano, Caterina e Antonio Accardo, uno degli agricoltori soci della cooperativa, ci dirigiamo verso la Montagnola, dove ci sono i campi dell'azienda Triolo: l'esempio perfetto della trasformazione che Valdibella sta imprimendo a questo territorio e i suoi abitanti.

Durante il viaggio Massimiliano e Caterina, con il sostegno di Antonio, mi spiegano meglio cos'è Valdibella e quali sono le caratteristiche che hanno caratterizzato la cooperativa fino ad oggi. Valdibella è composta da venti soci produttori che, sotto la gestione dei tecnici, stabiliscono un programma di coltivazione i cui raccolti vengono conferiti alla cooperativa. “È cambiato il modo di produrre”, ci spiega Antonio: “dai grandi numeri si è passati a piccole produzioni che permettono di mantenere una biodiversità all'interno dell'azienda agricola”.

Anche dal punto di vista economico è una rivoluzione per i soci produttori: Valdibella non ha utili ma si occupa soltanto della gestione del servizio. Venendo meno il profitto di questo anello della catena, i produttori hanno un pagamento più alto della media, “in modo che tutti i lavoratori abbiano contratti regolari” incalza Caterina. Massimiliano ci spiega come sono riusciti a essere indipendenti dalle banche sia come cooperativa che come soci produttori. I soci che conferiscono i prodotti alla cooperativa ricevono il loro compenso scaglionato in dodici mesi, “in modo da avere un'entrata regolare che consente di evitare di cercare altri fondi”, sottolinea Antonio. In agricoltura, si sa, alcuni fattori sono imprevedibili: una produzione può andare male, ma anche in questo caso la cooperativa Valdibella interviene anticipando il necessario. Una flessibilità che si basa su un sistema di fiducia che scardina il vecchio detto contadino siculo: picca, maleritti e subbito – meglio pochi e maledetti, ma puntuali.

Un modus operandi che si basa su un semplice principio: “Tutto ciò che si coltiva nelle nostre aziende, lo dobbiamo valorizzare fino ad arrivare al consumatore finale”, ci dice Massimiliano mentre ci arrampichiamo tra le strade sterrate delle colline di Camporeale. Principio che va di pari passo con il concetto di  "biologico" non solo come marchio, ma di ricchezza e varietà in antitesi  ai  sistemi di monocoltura.  Mentre Massimiliano ci spiega questo concetto ci invita a guardare con i nostri occhi fuori dal finestrino: “Guarda per esempio il campo di Vittorio: un pezzo è a carciofi, lì sotto melograno, dall'altra parte l'uliveto e nel mezzo uva da tavola. Tutto viene conferito alla cooperativa.” La massa critica la si raggiunge mettendo insieme le varie produzioni dei soci  e attraverso la trasformazione dei prodotti si valorizza al massimo la qualità del lavoro fatto sul campo. 

Erina Triolo e Caterina Lo Bocchiaro

La qualità necessita di un elemento fondamentale nel processo produttivo: un consumatore consapevole. “Siamo noi che ci dobbiamo ulteriormente differenziare per far capire all'acquirente che comprare bio da noi non è la stessa cosa che comprare i prodotti etichettati bio delle grandi aziende” ci spiega Caterina. I prodotti Valdibella sono venduti attraverso canali sensibili verso i valori della cooperativa: il mercato fair trade composto da catene equo e solidali, i Gas (Gruppi d'acquisto solidale) o semplici privati che partecipano alla visione del mondo di Valdibella. La cooperativa distribuisce i suoi prodotti in tutta Italia, ma ha buona parte del suo business fuori dai confini nazionali: in tutta Europa, in particolare in Svizzera, Germania, Belgio e Olanda, fino ad arrivare negli Stati Uniti e in Giappone.

“Il vantaggio di lavorare con questo tipo di pubblico è la possibilità di costruire un prezzo trasparente raccontando il lavoro che c'è dietro quel vasetto di patè di topinambur. Un prezzo più alto al consumatore significa un prodotto pagato il giusto all'agricoltore, prezzo che permette un'attenzione maggiore sul campo - riducendo la quantità per valorizzare la qualità”. Un messaggio che Caterina ogni giorno comunica ai clienti finali, che più che come semplici clienti vengono considerati come veri e propri partner della progetto: “L'atto agricolo si conclude mangiando”, asserisce combattiva Caterina.

Atto III: Il pranzo di Erina e un'agricoltura felice

Melanzane arrostite, patà di Valdibella e frittata con il finocchietto

Mentre si comincia a parlare di cibo arriviamo alla Montagnola, dove ad aspettarci ci sono i soci produttori Erina Triolo, suo marito Rino Greco e un bella tavola imbandita con ogni ben di Dio.

Erina sprizza energia da tutti i pori; trasmette vitalità e simpatia dagli occhi sorridenti. Subito cerca “il cambusiere” - il sottoscritto - per mostrare tutte le preparazioni: il caciocavallo da assaggiare con il mosto cotto; i crostini con il patè di Valdibella (topinambur, peperoni, olive nere); la frittata con il finocchietto selvatico (tipica di San Giuseppe) e quella con i carciofi; la frittella con fave, piselli, carciofi e finocchietto selvatico – tipica palermitana; le melanzane arrostite con i pomodori freschi e aglio; le olive in salamoia condite olio, menta e origano. Ovviamente il tutto autoprodotto e, mentre ci racconta, all'ennesimo “questo lo faccio io” Erina esplode in una fragorosa risata soddisfatta.

La scena è teatrale, tutti i personaggi si mescolano in un frastuono di chiacchiere, brindisi e bocche piene. Nel frattempo Erina comincia ad allietarci con la sua storia e sul perché oggi siamo qui alla Montagnola.

L'atmosfera conviviale del pranzo

La desolazione, un disastro unico... Questo terreno era di mio padre. Fino a quando c'era lui, tutto era tenuto bene. Poi, noi figli non ne abbiamo voluto sapere niente, abbiamo messo tutto in mano ad un mezzadro, ma niente di che...”. Un giorno insieme alla sorella decisero di risistemare la tenuta per venire di tanto in tanto ad arrostire all'aria aperta; poi pian piano presero a sistemare anche intorno.

Prima di tornare alla terra, Erina e Rino lavoravano nel loro negozio di ottica in paese e mai avrebbero immaginato di fare un giorno il mestiere dell'agricoltore: “la mia generazione ha lasciato la terra. Mio marito la campagna non l'ha voluta mai vedere”, se la ride Erina.

Il miracolo avviene dieci anni fa, quando con il supporto di Massimiliano decidono di impiantare un mandorleto, un vigneto, una carciofaia e melograni. Rino ci spiega cosa vuol dire essere socio produttore di Valdibella: “Massimiliano mi ha detto: ‘tu pianti queste cose e ce le prendiamo noi', e io il pensiero di vendere, di fare i mercati, non ce l'ho”. Grazie a quella scelta, oggi Erina e Rino sono dei felici agricoltori. Si trasferiscono qui da giugno, quando inizia la lavorazione dell'origano, fino a novembre, quando si raccolgono gli ultimi melograni. Il progetto agricolo pianificato da Massimiliano prevede piccole parcelle di differenti colture che, oltre a mantenere la biodiversità, permettono una qualità lavorativa in grado di distribuire le attività durante l'anno. “La cosa bella è che non abbiamo operai, facciamo tutto noi” ci dice sorridente Erina. “L'entusiasmo supera la fatica”, continua a tenere banco, “io mi sono ritrovata in un mondo completamente diverso e che mi è piaciuto tanto. Ho trovato qui la mia dimensione. Prima facevo l'ottica anche io, ma avere a che fare con le persone guarda.... Meglio le piante”, scoppia in un’altra risata, “Arrivi qua ed è un altro mondo”.

Gli splendidi Erina e Rino

L'impianto del mandorleto (il latte di mandorla è uno dei prodotti di punta di Valdibella) ha messo in luce il talento nascosto di Erina: l'innesto. Quando misero a dimora le piante di mandorle varietà tuono, un gruppo di operai venne a fare il lavoro di innesto che si rivelò però un completo disastro: le marze (il pezzetto di ramo che contiene la gemma) non avevano attecchito. Allora Erina ha provato con successo a innestare da sola: “ora quando vedo un albero penso: 'questo qua quasi quasi lo innesto'”, dice provocando una risata generale. Innestare non è facile, ci vuole sensibilità e precisione, non è un mestiere che tutti gli agricoltori sanno fare. “Oggi la chiamano in giro ad innestare”, ci dice orgoglioso Massimiliano, “Era un mestiere strettamente maschile, penso sia la prima donna a farlo in Sicilia”.

Il simposio siciliano prosegue con altri prodotti Valdibella: le busiate con le “sarde … a mare”, sugo con finocchietto selvatico e mollica tostata, senza sarde. Le busiate di invece sono realizzate con farina di Timilia: un grano antico, uno dei fiori all'occhiello della cooperativa. Dopo anni di coltivazione esclusiva di grani antichi, Valdibella è riuscita a salvare questa varietà e diventare custode del seme di Timilia, acquisendo il diritto di cedere i semi della pianta. “L'agricoltura è stata usurpata dalla possibilità di fare semi perché essendosi costituite le sementiere, per poter utilizzare un seme con il suo nome, per poterlo dare a un vicino, devi esserne custode”, ci spiega Massimiliano.

Frutta, cannoli e Zibibbo

Il simposio termina con i cannoli mangiati al fresco dell'aia e con lo Zibibbo, un vino aromatico il cui gusto è in continuità con la croccantezza e la freschezza dell'acino. Questo vino è il frutto del lavoro di Antonio e  di suo padre, che credette in questo vitigno “nonostante i dubbi di Massimiliano”, sottolinea ironico Antonio. Mentre brindiamo, anche Antonio ci porta la sua testimonianza di ritorno alla terra e la capacità di Valdibella di valorizzare il ruolo dell'agricoltore: “l'agricoltura è diventata la mia vita grazie a Valdibella. La condivisione è stata fondamentale”.

Atto IV: Riflessioni finali sotto un ulivo

Con Massimiliano ci spostiamo verso il mandorleto per ammirare i campi coltivati e il panorama verso il borgo di Camporeale. All'ombra di un piccolo ulivo, con il suo iconico cappello di paglia, ci racconta la filosofia che ha portato Valdibella fino a dove è oggi.

Il panorama su Camporeale

Innanzitutto ci tiene a precisare che quello di Valdibella non è un esempio da emulare perché quanto è successo qui mette le sue radici in questo territorio e nelle persone che hanno avuto la volontà di intraprendere questa strada. Con tono pacato ci spiega: “ogni esperienza, caro Francesco, è abbastanza unica. Quello che si può portare fuori è la possibilità di un cambiamento, non una traccia da seguire in modo fedele. Perché ogni luogo, ogni realtà, ogni persona, ha la sua di esperienza, ha la sua di caratteristica, e quindi deve percorrere una sua strada. Però come possibilità c'è, c’è per tutti”.

L'avventura di Valdibella è partita dal presupposto di intraprendere un percorso diverso rispetto al sistema agricolo industriale e al corrispettivo sistema commerciale che relegava l'agricoltore a un ruolo di secondo piano. Una crisi acuita dall'ignoranza rispetto alle problematiche agricole e di mercato. L'agricoltura a partire dagli anni Sessanta è stata drogata con le magie dell'agroindustria, le sostanze chimiche hanno rivoluzionato il mondo ma hanno causato un depauperamento culturale della conoscenza e della vicinanza verso la terra. Quando Massimiliano ha iniziato la sua avventura di trasformazione in biologico, le persone più pronte, più vicine e sensibili all'argomento sono state quelle che ne capivano di meno, che erano fuori dal mondo agricolo-industriale. Con energia ed entusiasmo Massimiliano ci racconta com'è nata questa visione: “In noi c'era soltanto la voglia di fare un'agricoltura sensata, sostenibile, perché se non comprendiamo questo concetto di sostenibilità allora non ha senso far niente: tutto ciò che non è sostenibile è destinato a finire”. Uno sguardo verso il futuro e verso le generazioni a venire che si sorregge, oltre che su un senso logico, su un senso di giustizia interiore.

Una visione della vita e dell'agricoltura che non può funzionare nel sistema della grande distribuzione, “Quel sistema è veramente la morte della natura, la morte della biodiversità, la morte dei contadini”. Da questa consapevolezza è nata l'esigenza di creare un qualcosa che permettesse all'agricoltore di poter gestire piccoli numeri. Valdibella riesce a controvertire un sistema produttivo che è da tempo radicato nella mentalità dell'agricoltore. Un sistema che aveva portato all'abbandono della campagna, “perché qui tutti tentavano l'emancipazione da questo mondo attraverso un posto di lavoro nel pubblico, a ragione di un sistema assistenzialista che ha fatto un grosso danno alla voglia di riscatto di queste terre”.

Con la maglietta gialla, Massimiliano

Valdibella è funzionale anche in quegli aspetti dove sindacati di categoria o il mondo universitario non possono arrivare perché entrambi ragionano con una logica legata alla grande distribuzione, non garantendo il piccolo produttore. La soluzione è stata quella di “mettere in relazione la produzione con il consumatore finale, basta. Tutto il resto sono tutte chiacchiere per deviare le possibilità di cambiamento”, ci dice ormai focoso Massimiliano.

Il modo che Valdibella ha trovato per uscire fuori dal sistema convenzionale è stato quello di realizzare un prodotto trasformato da presentare al consumatore finale. Consumatore che diventa di fatto un socio consumatore, una parte fondamentale dell'intera filiera produttiva. “La vera forza, il motore sta lì, sta nel consumatore finale che condivide le scelte e si sente parte di un progetto. Se non c'è quello, non ci sarà niente. Ogni cosa che facciamo, in qualche modo c'è già un consumatore che l'aspetta. C'è già una comunità di consumatori a supporto della nostra agricoltura, per cui tutto questo può avvenire.”

Quando le raccolte dei soci produttori vengono messe insieme si raggiunge una massa critica che ha un valore di mercato che riesce a convivere con i principi di una biodiversità agro-ecologica e a garantire la sopravvivenza delle piccole realtà contadine. Questa visione può essere generativa con altri territori dando vita ad una nuova realtà contadina comune, perché lavorare in modo sinergico per Valdibella significa anche superare le distanze condividendo gli stessi obiettivi: “Se in Piemonte sono bravi a fare le mele, i cavoli, le lattughe, le cose più deperibili, e noi integriamo con cose che servono per il consumo a lungo termine, che lì al nord non possono produrre, non abbiamo fatto altro che arricchirci e rafforzarci vicendevolmente. Se interponiamo una separazione è chiaro che restano più deboli loro e più deboli noi, a vantaggio di chi? Del grande sistema distributivo”, chiosa Massimiliano con l'enfasi di un rivoluzionario.

Quando gli chiedo quali sono i progetti per il futuro mi risponde di voler semplicemente continuare quello che già stanno facendo: “ non c'è nessuno stacco tra ieri, oggi e domani, è un percorso che si porta avanti e per cui non ci sono traguardi”. 

Finale

Un brindisi finale

Le luci del tramonto chiudono il sipario di un lunga giornata tra le campagne di Camporeale. Abbiamo attraversato la Sicilia in una calda primavera, circondati da un paesaggio colorato dal verde acceso dei campi di grano, una meravigliosa vista che cela la necessità di un ragionamento comune rispetto al ruolo dell'agricoltura in Sicilia e in tutto il Paese. È possibile un cambiamento nella produzione agricola e nel rapporto con la terra?

La risposta non la conosco, ma l'energia trasmessa da Caterina, Massimiliano, Nino, Antonio, Erina, Rino, mi ha fatto capire che qualcosa è possibile.