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Tappa

250

Mercato San Severino > Dragonea

Lunghezza
19.7
Km
Difficoltà*
EE
Dislivello*
+
1048
m
-
890
m
*Cosa vuol dire?

Il simbolo + indica il dislivello positivo (cioè in salita) complessivo della tappa; il simbolo - quello negativo (cioè in discesa).

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Punto di partenza
Punto d'arrivo
Punto acqua
Struttura ricettiva
Punto interesse

Una tappa di media lunghezza, sulla carta piuttosto semplice, ma complicata dalla scarsa manutenzione e dalla segnaletica pressoché assente nella prima parte; il tracciato è quasi completamente in ombra all'interno del bosco, a parte i tratti di strada asfaltata.

Unico punto di forza è la vista da Forcella della Cava che, in caso di giornate limpide, può regalare un panorama unico su Pompei, il Vesuvio, Salerno e i Monti Lattari.

Note particolari

All'imbocco del sentiero, una volta lasciato Oscato, il sentiero diventa pressoché inesistente, ricoperto completamente dalla vegetazione; si riesce comunque in qualche modo a farsi strada seguendo attentamente la traccia GPS.

La segnaletica CAI è assente fino a località Croce.

Punti acqua assenti fino a località Croce (oltre la metà del percorso): portare buona scorta.

Rischio di zecche, specie fino al Varco Diecimare.

Bellezza
periodo
Tutto l'anno
PERCORRIBILITà
INTERESSE
Paesaggistico
Enogastronomico
RAGGIUNGIBILITà
Paesaggistico
Enogastronomico
PERCORSO

Partiamo da Mercato San Severino camminando su asfalto per i primi km, in leggera salita (100 m D+ ca.); quindi, passata la frazione di Oscato, prendiamo sentiero e attacchiamo la vera salita (600 m D+ ca.). La vegetazione si fa sempre più fitta e più saliamo più diventa difficile trovare il sentiero, dobbiamo assolutamente tenere d'occhio la traccia GPS onde evitare di perderci. Giunti a Varco Ceraso (720 m), imbocchiamo il sentiero in direzione Forcella della Cava e saliamo l’ultimo dislivello in un sentiero ricoperto da felci. Da quassù il panorama, in giornate limpide, è ineguagliabile: finalmente si rivede il mare... davanti a noi i Monti Lattari, a destra il Vesuvio e Pompei e a sinistra il Golfo di Salerno.

Iniziamo il tratto in discesa (200 m D- ca.) lungo la cresta sino a Varco Diecimare. Ci lasciamo alle spalle le felci e ritroviamo piantagioni di castagni; proseguiamo verso est, prendendo al primo bivio il sentiero a destra, ben tracciato e molto pulito; continuiamo lungo un falsopiano fino ad arrivare sotto il versante ovest di Poggio Arenella, quindi imbocchiamo il sentiero a sinistra fino a raggiungerne uno più largo, poi svoltiamo a sinistra.

Saliamo appena per poi scendere nuovamente (100 m D- ca.) arrivando alla strada asfaltata a Varco della Foce. Proseguiamo lungo l’asfalto per un paio di km, arrivando a località Croce dove troviamo una fontana rinfrescante (e la segnaletica CAI). Continuando in direzione sud, prendiamo la prima strada verso destra, quasi al termine della quale ne troviamo sulla destra un’altra in salita, che dopo pochi metri diventa nuovamente sentiero. Continuiamo seguendo la segnaletica, immersi nell'ombra dei castagni e dei noccioli. Scendiamo (100 m D- ca.) fino a incrociare un'altra strada asfaltata e una fontana. Prendiamo  il sentiero che scende (200 m D- ca.) in direzione Molina, passando sotto la linea ferroviaria.

Arriviamo così alla Scuola di Tiro con L'Arco La Valle dei Mulini. Uscendo da quest'area notiamo degli scalini sulla destra, passiamo così sotto la SR 18 giungendo al paese di Molina, che risaliamo costeggiando il torrente Bonea; attraversiamo il secondo ponte e continuiamo a camminare lungo la strada asfaltata. E’ necessario fare parecchia attenzione poiché il sentiero sulla sinistra non è molto visibile. Da qui inizia l'ultima salita (200 m D+ ca.), prima su sentiero poi su asfalto, che ci porta al paese di Dragonea.

COSA SAPERE

Dragonea, la frazione più popolosa di Vietri sul mare, è situata all'inizio della Penisola Sorrentina, tra Cava dei Tirreni e il borgo di Vietri sul mare.

I suoi abitanti, oltre che Dragonesi, vengono chiamati Truccanari. Questo nome viene fatto risalire ad un evento avvenuto nell'Ottocento: alcuni di essi si recarono alla Badia di Corpo di Cava muniti di ceri che nascondevano al loro interno un'anima di legno. La storica rivalità con i "cavesi" si suggellò con uno scontro fisico e da allora gli abitanti di Dragonea vengono chiamati Truccanari, espressione che unisce il termine napoletano troccano (ovvero bastone) e la parola "trucco", in riferimento allo stratagemma adottato.


La catena dei Monti Lattari taglia a metà la penisola sorrentino-amalfitana.

Oltre a costituire una barriera tra le due "facce" della penisola, una salernitana e una napoletana, ne differenzia profondamente il paesaggio: la costiera amalfitana è caratterizzata da pareti scoscese a picco sul mare, mentre il lato sorrentino declina più dolcemente. La formazione geologica si rispecchia anche nel fondale marino.

La catena dei Lattari fa parte degli Appennini; in particolare, si può definire come una continuazione del massiccio dei monti Picentini. Le cime più alte della catena sono il Monte Sant'Angelo a Tre Pizzi (1.444 m), il Monte Faito (1.131 m), il Monte Finestra (1.138 m) e il Monte dell’Avvocata (1.1014 m) - una bella combinazione tra mare e montagna.

Nel 2003 è nato il Parco Regionale dei Monti Lattari, copre una superficie di 166.000 ettari ed ha sede a Corbara.


COSA VEDERE

Nella vicina Corpo di Cava, frazione di Cava dei Tirreni, è presente l'Abbazia della Santissima Trinità.

Fondata nel 1011 da Alferio Pappacarbone, è stata il centro dell'Ordo Cavensis, potente congregazione monastica che con 77 abbazie, 100 priorati, 20 monasteri, 10 obbedienze e ben 273 chiese estendeva il suo dominio in tutto il Sud-Italia. Alferio, dopo essere stato colpito da una grave malattia mentre era sulle Alpi per una missione diplomatica in Francia, decise di ritirarsi in una grotta ai piedi del Monte Finestra. Una volta guarito diede seguito al voto di dedicare la sua vita a Dio e indossò l'abito di San Benedetto da Norcia.

Da ambasciatore del Principato di Salerno divenne eremita e non tardò ad attirare seguaci con cui, nel 1011, fondò un piccolo monastero. Fu il primo abate di quella che divenne una delle abbazie più importanti di tutto il Mezzogiorno d'Italia. Il piccolo monastero si trasformò in una enorme abbazia e nei secoli si arricchì di edifici, sculture, quadri, codici e oggetti preziosi.

In particolare, all'interno dell'abbazia è ancora presente l'archivio abbaziale che risale al 1205; all'interno sono presenti migliaia di codici, manoscritti e pergamene: i documenti di secoli e secoli provenienti da tutto il Sud-Italia sono pubblicati nel Codex Diplomaticus Cavensis. Il complesso, che presenta al suo interno meravigliosi tesori architettonici di diversi secoli, è arricchito dalla basilica che fu ricostruita nel XVIII secolo sopra il nucleo originario risalente al periodo di fondazione; decorata con magnifici marmi policromi, è anche l'ingresso del monastero che si estende a ridosso del villaggio di  Corpo di Cava, protetto da mura e bastioni.


Di Vietri è rinomata la ceramica: all'interno del Museo della Ceramica Vietrese si possono ammirare i meravigliosi manufatti.

Situato nel complesso di Villa Guariglia (arricchito da uno splendido parco che affaccia sul golfo di Salerno), il museo presenta un percorso organizzato cronologicamente (con opere realizzate nel XVII secolo) e un altro a carattere tematico: dal vasellame devozionale a quello di uso quotidiano.

Una sezione è dedicata al periodo tedesco: negli anni '20/'30 del Novecento, artisti da tutta Europa, in particolare tedeschi, si trasferirono qui per apprendere e utilizzare le tecniche della tradizionale ceramica vietrese. Recentemente è stata aggiunta un'altra sezione dedicata alle riggiole, ovvero le mattonelle decorate.

COSA MaNGIARE

Prodotto imperdibile della costiera amalfitana è la colatura di alici di Cetara, una salsa liquida di colore ambrato che viene usata come insaporitore.

Viene realizzata lasciando macerare le alici per un periodo di diciotto/ventiquattro mesi. Le alici, rigorosamente provenienti dal mare della Costiera, appena pescate vengono eviscerate e decapitate per poi essere disposte a strati alterni con il sale nel "terzigno" (un terzo di una botte). Il tutto viene chiuso con un coperchio di legno ("topagno") e pressato con un enorme pietra marina. Dopo sei mesi è pronto il prezioso liquido: viene fatto colare da un piccolo foro alla base del terzigno, passando di nuovo tra il sale e le alici, così da arricchirsi ulteriormente. Scendendo goccia a goccia, ci vogliono dai quindici ai quaranta giorni per svuotare l'intero contenitore.

Molti associano la colatura di Cetara al famoso garum romano (salsa realizzata dalla macerazione di vari pesci), ma in realtà l'origine della colatura è legata ai monaci che usavano far seccare le alici, avute in dono dai pescatori locali, in grandi botti: un giorno, una di queste botti rimase piena più a lungo del solito, dando vita a questo straordinario prodotto oggi protetto dal Presidio Slow Food.

Un tipico accostamento sono le linguine o gli spaghetti conditi con la sola colatura - la pasta viene cotta senza sale perché la colatura è particolarmente sapida.


DOVE DORMIRE

Casa Fasano Country House, a Dragonea. Tel.  328 329 3754


COME ARRIVARE

Punto di partenza raggiungibile in macchina.


Punto di partenza raggiungibile in bus, partendo dalla città di Salerno.

Qui il LINK per controllare gli orari.


Punto di partenza NON raggiungibile in treno.


“La giornata è tostissima, la vegetazione copre il sentiero e il caldo non da tregua. Cerchiamo pace all’ombra dei portici”

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Scritto da Yuri e corredato dalle foto di Sara e dalle mappe di Montura, è insieme un racconto e un atlante sparso e ispirazionale delle Terre Alte, tratto dall'esperienza in spedizione: una miscellanea di aneddoti, sapori, incontri e sensazioni... un motivo in più per fare lo zaino!

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